I comandamenti della marca

Non fare al marchio ciò che non vorresti venga fatto a te. Potrebbe apparire alquanto blasfemo argomentare temi effimeri e pagani, come quelli inerenti al brand, parafrasando testi religiosi ma, con tutte le doverose licenze “giornalistiche”, il parallelismo sembra piuttosto rivelatore.

Troppo spesso i comportamenti delle aziende, per tutto ciò che concerne la cultura del branding, non sono conformi a quanto la materia richiederebbe. Naturalmente le variabili sono molteplici e intricate, tali da non rendere sufficientemente idonee ed esaurienti dieci semplicistiche norme da seguire. Una regola infatti, per definizione, è in antitesi con un processo creativo, necessario invece per svolgere un intervento strategico, volto a definire o ridefinire l’identità di un’impresa o di un prodotto. Ciò nonostante è comunque possibile, e utile, razionalizzare un decalogo di princìpi fondamentali sul brand, da rispettare con costanza e dedizione.

 

Il primo “comandamento” dice che è più utile concentrarsi sul proprio marchio e su quanto esso possa fare, senza troppo preoccuparsi della concorrenza. Il secondo ordina di gestire attentamente ogni singola performance comunicativa della marca. Il terzo raccomanda di celebrare la marca, periodicamente, cogliendo ogni occasione che possa consentire un’attribuzione di valore. Il quarto impone il rispetto per il marchio, in quanto codice visivo, e la marca, l’entità intrinseca che identifica. Il quinto ricorda dievitare ogni azione od operazione che in qualche modo possano recare danni al marchio, con conseguente decadenza o distruzione della marca rappresentata.

 

Il sesto, che introduce un fattore molto attuale, consiglia di agire sempre in modo etico nei confronti del mercato. Il settimo riguarda la rappresentazione mentale che un marchio deve evocare, la quale deve essere unica e originale, evitando di imitare un altro brand per non incorrere nel rischio di perdere personalità e differenziazione. L’ottavo “comandamento” pone l’attenzione sugli aspetti legali, quali fattori discriminanti per la tutela e la capitalizzazione economica del valore di un marchio. Il nono e il decimo, infine, indicano come fattore critico per il successo il percorso di creazione della propria personalità di marca e che, dunque, “desiderare” un marchio o una marca di un competitor potrebbe essere interpretato non solo come sintomo di debolezza, ma soprattutto di carenza di quelle idee necessarie per trasformare un’impresa, o un prodotto, in un vero e proprio brand.

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